Dal Mercoledì delle Ceneri, primo giorno del periodo di Quaresima, avete la possibilità di incontrare a Grottaglie, soprattutto se percorrerete qualche viuzza del centro storico, una vecchia vestita a lutto, brutta, magrissima, direi quasi spettrale se vi capiterà d’incontrarla di sera al buio.
Vi ritroverete faccia a faccia con la Quaremma, un pupazzo appeso tra un balcone ed un altro con le sembianze di una vecchia tipica dei nostri luoghi col fazzoletto nero in capo, lo scialle sulle spalle ed il grembiule, lu sunale, in vita, tipico delle massaie dedite al lavoro. Tutto rigorosamente nero perchè la Quaremma è a lutto a causa della morte del marito, il Carnevale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha condotto una vita dissoluta sperperando tutti i suoi beni e lasciando la sua povera moglie nella più totale miseria. La povera Quaremma allora è costretta a lavorare per colmare il buco economico lasciato dal marito e per sopravvivere. Pertanto ha in mano un fuso ed una conocchia che stanno a rappresentare la laboriosità ma allo stesso momento lo scorrere del tempo. A volte al posto del fuso può avere in mano una “cucchiara” o altri oggetti usati nel lavoro domestico. Spesso ha in mano anche pochi alimenti per sopravvivere come sette taralli, sette appunto come le settimane che mancano alla Pasqua di Resurrezione. A volte anche del vino o dell’ aceto. Un altro oggetto caratteristico posseduto dalla Quaremma è un’ arancia, na marancia amara, nella quale sono infilzate sette penne di gallina, una per ogni settimana che manca alla Pasqua.
A regola dovrebbe essere tolta una penna alla settimana. Ma perchè la Quaremma è così sacrificata? Perchè il Carnevale prima di morire l’ ha abbandonata e lasciata in una condizione così precaria? La condizione della Quaremma, che come detto rimane appesa per tutto il periodo Quaresimale, è una condizione di penitenza, di sacrificio, di digiuno. Infatti, soprattutto nei tempi passati, tutto il periodo della Quaresima era caratterizzato dalla penitenza e dal digiuno: infatti in questo periodo non si mangiava assolutamente carne e suoi derivati. Per i più poveri che all’ epoca rappresentavano la maggior parte della popolazione il fatto di non mangiare carne non è che fosse una rinuncia tanto difficile e magari la rinuncia riguardava anche altri alimenti che non fossero legati direttamente alla carne. I più ricchi comunque la carne riuscivano a mangiarla lo stesso anche in periodo Quaresimale pagando una apposita tassa alla Chiesa. Per non parlare poi di quella ormai famosissima storia del prete che non avendo pesce ma solo carne a disposizione “fu costretto” per poter mangiare, a benedire tutta la carne a pesce. Quindi per tornare alla nostra sventurata vedova di pezza il suo sacrificio rappresenta proprio il sacrificio della gente credente durante la Quaresima.
La parola Quaremma infatti deriva dal francese Careme che significa Quaresima. Il periodo di sacrificio non riguarda però solo l’ alimentazione in quanto in questo periodo non ci si potrebbe neanche sposare, fare banchetti per festeggiare o qualsiasi altra cosa che esca fuori dai binari della “rinuncia”. Le radici di questa antica tradizione tipica del Salento sono probabilmente legate alle Moire della mitologia greca ed alle Parche della mitologia romana, ed in particolar modo a Cloto che filava lo stame della vita. La “sopravvivenza” della Quaremma è relativamente breve in quanto viene bruciata la sera del Sabato Santo. Anche in questo caso il fuoco che si sprigiona dal rogo della Quaremma viene simbolicamente visto come un fuoco purificatore che con l’ arrivo della Pasqua di Resurrezione pone fine al periodo di sacrificio e penitenza della Quaresima.
Rispetto al passato di Quaremme se ne vedono in giro di meno. Ricordo da bambino che puntualmente proprio accanto alla Scuola Calò, ce n’ era una. Sono convinto che quella Quaremma sia stata di gran lunga la più disegnata da parte dei bambini delle Elementari chiamati a scrivere un tema sulla Quaresima.
Ecco alcune immagini delle “Quaremme” dell’anno scorso: